mercoledì 22 giugno 2011

MA QUANTE CASE POSSIEDE IL MINISTRO ROMANO?

Immobili, un albergo di lusso e finanziamenti statali

Di Marco Lillo
    Il ministro Romano possiede un tesoro di otto appartamen­ti nel palazzo color acciaio di via Watt a Milano. Lì accanto c'è un albergo 4 stelle, Romano è socio dei proprietari.
Previtera. È questo il nome che da mesi sta conficcato nel cervello del ministro Francesco Saverio Roma­no. Appena qualcuno lo pronun­cia alla sua presenza, Romano perde l'aria bonacciona da Pot­sie di Happy days e assume un'e­spressione irata che ricorda un po' Johnnv Stecchino. Come il boss impersonato da Benigni che si agitava imprecando "Coz­zamara, Cozzamara" nello scan­tinato nel quale il mafioso rivale lo costringeva, così Romano sbarra gli occhi al cielo e ripete come un mantra: "Previtera, ah Previtera", anzi "Previera, Ah Prrvtera", in siciliano stretto.

D’Alì, concluse le indagini. Ecco le accuse al senatore

Un anno fa la richiesta di archiviazione, oggi il capovolgimento della posizione.  
Per il senatore Antonio D’Alì, ex sottosegretario all’Interno e adesso presidente della commissione Ambiente del Senato, la Dda di Palermo ha presentato un avviso di conclusione delle indagini e un faldone giudiziario di oltre 3 mila pagine. La decisione arriva dopo che il gip ha rigettato la richiesta di archiviazione nei confronti del politico del Pdl.
D’Alì è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Stando così le cose sembra che l’intenzione dei magistrati antimafia di Palermo, i pm Paolo Guido e Andrea Tarondo, sia quella di chiedere il rinvio a giudizio. Non c’è infatti pagina del faldone che non indichi vicende per le quali il senatore trapanese non sarebbe responsabile: secondo l’accusa, infatti, ci sono rapporti pericolosi, legami con soggetti mafiosi, vicende legate ad appalti e campagne elettorali. C’è la storia mai chiarita della compravendita fittizia di un terreno di Castelvetrano di proprietà della famiglia D’Alì: dopo la vendita sulla carta a soggetti prestanome di mafiosi, il denaro, secondo l’acquirente, il gioielliere castelvetranese Francesco Geraci, sarebbe stato restituito a rate alla cosca di Messina Denaro.

Articoli Correlati